Ferdinand Anton Ernst Porsche (Ferry) e Ferdinand Alexander Porsche (Butzi)

BIOGRAFIA

Ferdinand Anton Ernst Porsche, detto Ferry, nasce nel 1909, a Wiener Neustadt, in Austria. Lascia la scuola dopo la maturità.

Nel 1927 entra come praticante alla Bosch e, compiuti i ventuno anni, viene assunto nell’azienda che nel frattempo il padre Ferdinand aveva costituito.

Quest’ultimo attende sin dal 1931 al progetto Volkswagen.

Dopo la costruzione dei primi prototipi, nel 1938, la produzione dell’”auto del popolo” cessa, causa la guerra.

Nel 1946 Ferry decide di trasferire l’azienda a Gmund, in Carinzia, e nel 1948 progetta la 356/001 Roadster, la prima Porsche della storia.

Sarà presentata al Salone dell’automobile di Ginevra nella versione cabriolet nel 1949.

La serie della 356 uscirà di produzione nel 1965. Nel 1951, alla morte del padre, Ferry Porsche decide di trasferire nuovamente l’azienda in Germania, con sede a Stoccarda.

Nel 1963 al Salone di Francoforte viene presentata la 901 che dal 1964 verrà marchiata 911.

La vettura disegnata da Ferdinand Alexander, detto Butzi, nato nel 1935 a Stoccarda, che a ventidue anni, dopo aver terminato gli studi alla Hochschule fur Gestaltung di Ulm, entra nell’azienda paterna.

Nel 1972 Butzi fonda la Porsche Design. Ferry muore nel 1998, Butzi nel 2012.

 

FERRY E BUTZI DESIGNER

Porsche elabora un progetto diverso rispetto all’offerta della concorrenza; accoppia l’esperienza corsaiola all’esigenza dell’utenza comune.

Intende quindi affermare, nella 911, un criterio progettuale mirato a risolvere le attese dei più.

Anche se, nel caso specifico, i più che costituiscono la particolare nicchia dei cultori della velocità, che a sua volta è parte dei più, non è certo la categoria piloti da competizione.

Porsche soddisfaceva e aveva già soddisfatto le attese di quest’ultima, sin dai tempi dell’ Auto Union, sedici cilindri, motore centrale, che, Tazio Nuvolari, il Mantovano Volante nella dizione dannunziana, aveva più volte condotto alla vittoria.

Poi, con la Volkswagen, l’auto del popolo, aveva persino superato il concetto di nicchia, offrendo ai più un mezzo di trasporto di medie prestazioni.

Ma la 911, come la precedente 356, porta il suo nome; è quindi un diverso a tutti gli effetti, afferma la sua Legge.

Dichiara egli stesso nel volume che Paul Frere dedica alla 911: “Fino ad allora la nostra produzione di serie si era limitata al tipo 356, sviluppato progressivamente da una prima versione basata quasi esclusivamente su organi e insiemi meccanici del Maggiolino Volkswagen, concepito da mio padre.

Avendo optato per una concezione molto personale della vettura, caratterizzata da un motore a sei cilindri orizzontali, raffreddato ad aria e sistemato posteriormente a sbalzo, non avevamo certamente scelto la facilità.

Mai avremmo immaginato che, dopo essere stato prodotto per più di un quarto di secolo, periodo in cui sono stati costruiti più di duecentocinquantamila esemplari, grazie a una continua evoluzione, questo modello sarebbe stato ancora oggi più che mai una delle vetture sport più apprezzate del mondo”.

Se negli anni ciascun esemplare datato è comunque perfetto, Porsche non rinuncia a perseguire la dialettica di qualità, cercando sempre di esprimere nell’ultimo il superamento della tentata sintesi realizzata nel precedente: il progressivo miglioramento dell’apparecchio tecnologico e della forma che lo rappresenta.

Si che il primo come l’ultimo esemplare in ordine di tempo, nel criterio di Porsche, mai possono essere l’ultimo o il primo.

La 911 è a tutti gli effetti una vettura di serie. Per questo evolve sin dall’inizio della sua produzione.

Il profilo assolutamente nuovo, rispetto alla concorrenza che indulge le istanze di moda, e cosi la sua linea destinata a durare nel tempo.

La scocca non dovrà subire mutamenti sostanziali, concorrerà sempre al miglioramento della vettura nella sua totalità.

Confrontando le immagini e, soprattutto, le date cui si riferiscono, si avvertono particolari del complessivo processo evolutivo.

Nel 1971 l’arretramento del passo ruota posteriore sottende Ia decisione del costruttore di conseguire il maggiore equilibrio dell’assetto della vettura, ma la modifica si configura forma della funzione e la scocca ne guadagna in compattezza e profilo.

Cosi il passaggio dai cerchi metallici a quelli in lega, e leghe sempre più sofisticate, se favorisce la scocca di maggiore impatto scenico, permette sin dal 1968 di migliorare la ventilazione dell’apparecchio freni.

E la sezione maggiorata degli pneumatici risponde ai criteri di stabilità della vettura, ma è già permessa dalle aperture dei parafanghi prive di flange.

Fino al 1989 le maggiori politiche riguardano l’adozione dei paraurti più alti e più ampi, richiesti dalle norme delk mercato americano, che comporta rinforzi all’interno della scocca.

Nel 1967 compare il modello Targa, con tettuccio asportyabile da ricoverare nel cofano anteriore. Il lunotto posteriore, di materiale plastico, è già cristallo nel 1969.

Nel 1993 la 911 corregge la sua coda, più squadrata, per ospitare le nuove sospensioni multilink. Targa, del 1996, ha tettuccio e lunotto di cristallo.

Il progetto 911 è ancora oggi sostanzialmente immutato. Certo i cristalli dell’abitacolo degli ultimi esemplari sono i più ampi di tutto il processo evolutivo, così l’abitabilità ha raggiunto il massimo di disponibilità all’interno, il profilo è nettamente aerodinamico, la vettura ha linea compatta, armonica.

Porsche ne definisce ogni volta i limiti, per mirare al superamento degli stessi alla nuova occasione, che questo è il criterio della sua produzione intelligente: soltanto l’oggetto progettato per la serie può dirsi prototipo di produzione in serie.

 

Da: Design XX Secolo – Electa

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