BIOGRAFIA
«Miei cari amici, devo dirvi qualcosa di molto importante. Un uomo non sceglie quando e dove nascere, può solo scegliere quando e come morire. Sebbene io apprezzi i vostri buoni propositi, un uomo capisce quando è arrivato il suo momento, e niente al mondo può cambiare questo fatto della vita. Vorrei poter rimanere. Ma accetto questa realtà e non ho rimpianti. Ho avuto una vita bellissima e non ho paura. L’uomo non è importante. L’umanità è ciò che conta, alla quale io credo di aver dato il mio contributo. L’umanità continuerà anche senza di me, ma io non vado via, io non vi lascio. Ogni volta che vedrete le cime degli alberi mosse dal vento, voi penserete a me; o se vedrete un fiore, penserete a me. Non sono mai stato religioso, non in modo formale, ma quando camminavo nel bosco sentivo la presenza di una forza superiore intorno a me. Ora io vi ringrazio per le vostre buone intenzioni.»
(Harry Bertoia, 9 ottobre 1978)
Arieto (Harry) Bertoia nasce il 10 marzo del 1915 nel piccolo centro di S. Lorenzo di Arzene in provincia di Pordenone.
Nel 1930 con il padre emigra in Canada da dove, successivamente, si trasferisce a Detroit nello stato del Michigan, luogo in cui frequenta la scuola pubblica e impara la lingua inglese.
Nel 1936 ottiene il diploma presso la Cass Techical High School di Detroit dove frequenta corsi in disegno, pittura, lavorazione metalli e design ottenendo una borsa di studio per la Cranbrook Academy of Art a Bloomfield Hills, dove lavorerà al dipartimento per la lavorazione dei metalli e dopo due anni gli verrà affidato la direzione del dipartimento di artigianato metallico.
Qui, ha modo di frequentare Charles Eames, Eero Saarinen e Florence Schust (la futura signora Hans Knoll, con cui darà origine alla Knoll Associates), tutte conoscenze che in futuro si riveleranno preziose.
Bertoia studia grafica e comincia la sperimentazione con i metalli, che poi sviluppa nel periodo passato sulla costa ovest degli Stati Uniti (1943-50); in California, dove si sposta con la moglie Brigitta su invito della coppia di amici Charles e Ray Eames e dove nascono i primi due dei suoi tre figli.
Lì si concentra inoltre sulla creazione di sculture di varie dimensioni e sui gioielli, centro reale della sua arte, cosa forse sconosciuta al grande pubblico.
Nel 1951 Hans Knoll gli chiede di disegnare una serie di mobili, la ‘Bertoia Collection’, che ruota intorno a quella “Diamond Chair” in filo metallico che gli darà fama popolare.
Nel 1968 restaura un fienile a Barto, in Pennsylvania, che trasforma in atelier – studio di registrazione delle ‘vibrazioni’ delle sue opere, in cui incide gli undici LP intitolati ‘Sonambient’, frutto di un eclettismo artistico che non ha confine di espressione.
Bertoia muore a Barto il 6 novembre 1978, all’età di 63 anni, a causa di un cancro. L’epitaffio sull’enorme gong sopra la sua tomba non è altro che la summa di tutta la sua opera: ‘Sentiva la voce del vento portare il suono dalla forma alla vita’.
HARRY BERTOIA DESIGNER
Il successo planetario della Diamond Chair, da lui creata nel 1951 – 1952 per Knoll International, è stato tale da offuscare praticamente tutto ciò che questo artista friulano ha creato in campi diversi.
Siamo negli Anni 50. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti si diffonde lo stile Contemporary.
Le richieste di leggerezza, eleganza, flessibilità d’uso e di resistenza, inducono molti progettisti ad abbandonare le forme tradizionali e concentrarsi su innovazioni tecnologiche.
Le strutture in acciaio tubolare vengono sostituite gradualmente da telai in tondino di ferro, più esili e leggeri.
I compensati sottili, modellati e rinforzati con nuovi collanti, sostituiranno i legni massicci nei sedili e negli schienali. Nelle imbottiture, la gommapiuma sintetica prende il posto del crine o delle molle di metallo e piuma.
Con i nuovi e rapidi sviluppi della tecnologia dei polimeri diventa possibile modellare le scocche delle sedute in plastica rinforzata con fibra di vetro.
La Diamond Chair di Harry Bertoia è una sedia-scultura costituita da una griglia metallica curvata utile a creare una superficie avvolgente unica senza distinzione fra seduta e schienale.
Bertoia la descrive così: ‘Se si guardano queste sedie, ci si accorge che sono per lo più fatte d’aria, proprio come le sculture: lo spazio le attraversa’, robusta, leggera e maneggevole.
E a partire dal 1960 ritorna alle ‘sculture sonore’, attività che lo occuperà fino quasi alla fine del decennio successivo.
Una rivoluzione del mondo del design riconosciuta in tutto il mondo, ancora oggi a più di 70 anni dalla sua introduzione, come una delle grandi conquiste del design dei mobili del 20° secolo.
Il successo della collezione delle sedie Bertoia non fu sufficiente per convincere il progettista a continuare con il design. Lascia la Knoll per la scultura, quasi che le forme della poltroncina Diamond l’avessero convinto ancor di più della propria passione.
Bertoia si mette a progettare un sistema di sculture sonore, basate sul principio della vibrazione di strisce di metallo di diversi spessori, che funzionavano come veri e propri strumenti musicali.
La sua prima commissione per una scultura in grande scala gli viene dal suo amico ed ex compagno alla Cranbrook Eero Saarinen (1953): uno schermo divisorio per la sala da pranzo del General Motors Technical Center di Warren nel Michigan.
Nel 1954 realizza uno schermo per la Manufacturers Hanover Trust Company di New York e un’installazione per l’altare della cappella del MIT.
Nel 1955 crea uno divisorio per l’aeroporto Lambert di St. Louis per l’architetto Minoru Yamasaki. Lavoro dopo lavoro, progetto dopo progetto, Harry Bertoia vive un momento di grande impegno produttivo che si consacra anche con numerose mostre nelle più famose gallerie di New York e Chicago e all’esposizioni temporanee nei negozi che la Knoll ha sparsi nel mondo (Buenos Aires, Amsterdam, Zurigo, Milano, Roma).
Negli Anni 60 prende vita un altro progetto che diventerà quasi un’ossessione: catturare i suoni che scaturiscono dalle sue sculture formate da aste verticali saldate in fila su una base piatta.
Variando la lunghezza dei tondini, la grossezza, il numero e il metallo usato queste emanavano suoni sempre differenti e spesso misteriosi.
Alcune volte salda cilindri di diverso metallo sulla cima sperimentando le variazioni tonali che si potevano ottenere.
Il risultato? «La voce del vento», la definiva.
Nel 1972 raccoglie sinfonie e riesce a incidere una serie di dischi intitolati Sonanbient (nel 1971 viene girato il film Sonambients: The Sound Sculpture of Harry Bertoia, nel quale le musiche di Bertoia fanno da colonna sonora).
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