BIOGRAFIA
Enzo Mari nasce nel 1932 a Novara.
Tra il 1952 e il 1956 studia all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano. Nel 1957 inizia a lavorare per Danese: disegna Sedici animali.
Nel 1958 la ciotola Putrella e nel 1966 progetta per Gavina la libreria Glifo.
Nel 1967 le Storie delta Natura: L’Oca e Timor, calendario perpetuo per Danese.
Partecipa inoltre per la prima volta alla Biennale di Venezia, vi sarà nuovamente presente nel 1979 e nel 1986.
Presidente dell’ADI dal 1976 al 1979, alterna alla progettazione l’attività didattica: insegna all’Accademia di Belle Arti di Carrara, al Centro Studi di Comunicazione Visiva all’Università di Parma, di Firenze, alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano.
Del 1974 è Proposta per un’autoprogettazione per Simon International e la sedia Delfina per Driade, Compasso d’Oro nel 1979.
Del 1985 Giglio, tagliacarte per Danese.
Alla sedia Tonietta, per Zanotta, del 1987, viene assegnato il Compasso d’Oro. Nel 1989 disegna per Interflex il letto Tappeto Volante; nel 1997 Seattle per Robots. Vive e lavora a Milano.
ENZO MARI DESIGNER
Enzo Mari pubblica nel 1974, per Simon International, a cura del Centro Duchamp voluto da Gavina, un manualetto intitolato Proposta per un’autoprogettazione, “nel quale erano presentati i modi più semplici per costruirsi i mobili di casa, con poche assi di legno, faesite e chiodi“, annota Andrea Branzi.
“Questo manualetto conteneva alcuni modelli che lo stesso Mari proponeva come esemplificazioni da cui il bricoleur poteva partire. Per la loro straordinaria determinazione, questi modelli costituirono una delle più belle e innovative immagini di design povero, portatori di una visione spartana ma sofisticata della casa e della vita. Fuori dal consumismo, alla ricerca di una logica estrema da cui ripartire.
Mari quindi costeggiava dall’esterno, senza rinunciare alle sue radici, i nuovi temi che emergevano dal dibattito delle avanguardie; ma in fondo interpretava il tema della partecipazione come adesione fattiva dell’utente a progetti già da lui definiti, nello spirito dell’arte programmata che diceva: “Il nostro scopo e fare di te un partner”.
Commenta Vittorio Gregotti: “Il ritorno alla povertà dei mezzi, la partecipazione attiva dell’esecutore al processo di progettazione-esecuzione, la critica alla creazione del bisogno ideologico divengono, nella tensione creativa di Enzo Mari, principalmente materiali poetici assai più che strumenti di politica rivoluzionaria“.
Mari saprà sempre tradurre la sua poetica nell’autentica poesia delle sue ideazioni.
“Quando mi chiedono di fare un oggetto”, dichiara Mari nell’intervista di Renato Pedio apparsa su “Domus” nel 1998, “so che ne conosco non qualche migliaio di progetti, ma milioni di progetti — tutti i progetti pensabili in una biblioteca alla Borges io li conosco e devo comunque, più che documentarmi, evitare di documentarmi, altrimenti trovo che tutto e stato già fatto, e cosi preferisco scoprire, diciamo, l’ombrello che dover dire: non lo faccio, e stato già fatto.
Dopo emergono, certo, sfumature di dettaglio, e sinora non mi è mai capitato di fare un oggetto uguale a uno esistente: produco numerosissimi modelli prima di quello finale, ma secondo una logica interna ai modelli, non al gia fatto“.
Esemplare la sedia Tonietta, del 1987: “Un approccio poteva essere quello brutale, pauperistico” dichiara Mari in Compasso d’Oro ADI, “ma anche questo atteggiamento avrebbe potuto corrispondere al fatto di volere un oggetto diverso a ogni costo…dopo un’attenta indagine ho visto che, tra le sedie moderne, le Thonet sono quelle che meglio incarnano l’idea di immagine archetipica.
Ho quindi scelto, per definire i caratteri della mia sedia, di dialogare con questo unico esempio di oggetto alto-borghese carico di valenze simboliche“.
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