I mobili in compensato curvato lanciati da Alvar Aalto innescarono un vero e proprio fenomeno di massa: negli anni quaranta e cinquanta non si poteva immaginare di arredare un appartamento alla moda senza ricorrere alla presenza di qualche mobile finlandese.
Eppure, il modello forse più imitato non era uno di quelli disegnati da Aalto per Artek e, in verità, non era neppure firmato da un progettista finlandese.
Cosi essenziali nel concetto e nella forma, i mobili di Alvar Aalto potevano solamente essere ricopiati tali e quali, cosa che in effetti e successa in più di un’occasione, con conseguenti strascichi legali sempre risolti a favore di Artek.
Come fonte di ispirazione funzionava meglio un modello più ricco e suggestivo.
L’onore di ricoprire questo ruolo è toccato a una famiglia di sedie e poltrone disegnate da Bruno Mathsson, svedese figlio di un fabbricante di mobili e progettista egli stesso.
Progettate nel 1934, la sedia Eva e, soprattutto, la poltrona Pernilla si collocano nel filone del progetto organico capitanato da Aalto, ma ne declinano i contenuti in una formula più preziosa e ricercata.
Punto di partenza l’accurato studio della funzione “riposo” quale matrice formale del progetto: riposo non inteso come semplice abbandono del corpo, ma come momento di attività più rilassate cui deve corrispondere il partecipe profilo della seduta.
Il progetto organizza uno schema a doppia struttura: un cavalletto di supporto in compensato curvato e sinuosamente sagomato sul quale si adagia l’elemento seduta-schienale il cui telaio è invece realizzato in massello scolpito.
Oltre alla poltrona, Mathsson disegna anche la versione chaise longue, nella quale il disegno delle gambe si integra nel nervoso nastro del bracciolo.
Accogliente e scattante, la chaise longue si guadagnò il soprannome di Grasshopper, cavalletta.
Il progetto prevedeva differenti opzioni di rivestimento: fasce di canapa intrecciata, cuscini imbottiti, oppure un’opulenta pelliccia di pecora.
Le linee nervose e la suggestione dei materiali servirono da modello per un’infinità di reinterpretazioni, dall’Austria all’Australia, contribuendo in maniera determinante al diffondersi di quello che fu definito il gusto della casa “nordica”.