Il designer svedese Bruno Mathsson (1907-1988) appartiene ai pionieri dell’arte del mobile scandinavo, famoso per i suoi esperimenti nel suo lavoro con il legno lamellare laminato.
Il padre di Mathsson, Karl Mathsson, era la quarta generazione di maestri ebanisti e discendente di una generazione di falegnami, quindi Mathsson crebbe acquisendo le abilità della tradizione artigianale.
Si è formato come falegname nel laboratorio di suo padre a Värnamo, in Svezia, ma come architetto e designer di mobili è stato autodidatta.
Nel 1930 mette in pratica queste conoscenze quando viene incaricato di progettare una sedia per l’ospedale della sua città, conosciuta come “Grasshopper chair”.
Preoccupato di trovare la curva di seduta perfetta, Mathsson lavora con una tecnica di laminazione altamente sviluppata, riuscendo a dare alla sedia una forma più libera rendendo particolarmente plastico il legno.
Nelle sue attente analisi del comfort, si allontanò dalla tappezzeria tradizionale e coprì i suoi telai in pezzi unici di legno curvato sagomato, con cinghie intrecciate in tela o pelle.
L’idea del tutto innovativa è quindi quella di realizzare una seduta priva della tradizionale tappezzeria a favore di cinghie in tessuto intrecciate sorrette dalla struttura in massello di betulla, tecnica che utilizzò in molte altri pezzi.
La grande popolarità arriva nel 1934 con la poltrona “Eva”.
Versione più raffinata ed equilibrata della sedia Grasshopper, “Eva” ha un forte rimando al lavoro di Alvar Aalto e diventa parte di una collezione composta da poltroncine, pouf e divani, che riscuotono un grande successo di vendite durante tutta la sua carriera e tuttora ambite dai collezionisti.
Come il designer finlandese Alvar Aalto, Mathsson è tra i primi a fare proprie le forme morbide e organiche nei mobili, in contrasto con lo stile dell’epoca.
La tecnica della piegatura del legno lamellare permise l’introduzione di linee e profili ergonomici dall’eleganza insuperabile.
Per il designer la seduta deve seguire la forma del corpo umano e i suoi componenti devono adattarsi il più possibile a questa idea.