Dare forma alle presenze intorno alla nostra quotidianità senza preoccuparsi solo di “risolvere la funzione” è il modo scelto da Alessandro Mendini di comunicare, facendoci giungere messaggi precisi, dall’alto del suo guardare lontano, e da lontano.
Messaggi e gesta, sempre intensi e originali anche sul piano estetico e figurativo, tra emozioni e provocazioni, tra simbologia e humour.
Progetti, i suoi, che spesso usano le forme dei corpi, come quelli umani, ricalcandone le parvenze e dando volti e sorrisi a vasi e cavatappi, a lampade e specchi, ma arrivano anche a proporre oggetti che alludono all’universo animato.
E, tutto questo, molto tempo prima che questa modalità diventasse una nuova tradizione, fortemente contemporanea.
Perche già da sette lustri (1986) Sirfo è uno stupefacente tavolino a forma di papera che sostiene col proprio becco giallo un piano di cristallo circolare: forse erede di Meret Oppenheim, certamente modello per Anna Gili che agli oggetti zoomorfi sta dedicando un originate e personalissimo tratto di strada.
Realizzato da Zanotta, ha la struttura, in fusione di alluminio sabbiato dove è stato mantenuto il colore naturale mentre il becco è verniciato di giallo. Il ripiano, dal quale spunta la testolina, è un disco circolare di cristallo temperato dello spessore di 6 mm.
In un certo senso, Mendini ha progettato il tavolino Sirfo, in modo che i suoi utilizzzatori siano, di conseguenza, i designer stessi: designer nell’interpretazione di un “codice” familiare, la figura dell’animale, che evoca alle persone una papera.
In questo, il matrimonio tra il designer e l’utente è intimo, poiché ciascuno si affida all’altro per arrivare al significato dell’oggetto progettato.
Per Mendini, un “codice” come una papera rappresenta una risorsa condivisa utilizzata dal designer (nel lavoro creativo) e dall’utente (attraverso l’abitudine) nel dare un senso agli oggetti progettati.
Pertanto, anche ogni utente è un progettista, impegnato in un processo di interpretazione (semiosi) dei codici.