Nel 1987 Alberto Meda con Paolo Rizzatto disegna la lampada Lola per Luceplan, che poi vincerà il Compasso d’Oro nel 1989.
Nonostante sia una lampada dalla forma semplice (un lungo stelo telescopico), nasconde una complessità tecnica senza pari: il corpo infatti è costituito in materiale composito prodotto per filament winding, testa in poliestere caricato con fibra di vetro stampato a iniezione, piede in pressofusione di zama con rivestimento in poliuretano integrale flessibile.
A coronare il disegno della lampada, la testa dal caratteristico disegno a forcella per trattenere il corpo allungato di una lampadina alogena, con i relativi contatti elettrici, il suo diffusore, e un sostegno a tre piedi con un ginocchio articolato per chiudersi in caso di trasporto e per ridurne l’ingombro.
Ecco che, in questa lampada, l’immagine unitaria in realtà nasconde un complesso e attento processo di integrazione di parti e funzioni attraverso l’impiego di tecnologie lontane tra loro.
E’ sufficiente fare riferimento al filament winding nel caso dello stelo o il rivestimento in poliuretano autopellante del movimento del piede (che adotta la stessa tecnologia di produzione dei volanti d’automobile) o la fotoincisione chimica del riflettore.
La forcella, una delle caratteristiche salienti di questo prodotto, garantisce una pressione sui contatti elettrici tra i due poli della lampadina.
Il riflettore orientabile, è un sottile foglio di lamiera d’alluminio fotoincisa chimicamente e consente sia una luce diffusa che diretta.
Lola è disponibile sia nella versione terra che da parete.