Piero Lissoni

BIOGRAFIA

Piero Lissoni nasce nel 1956 a Milano, ove si laurea in architettura al Politecnico nel 1985.

Con Nicoletta Canesi fonda nel 1986 lo studio Lissoni Associati e si occupa di architettura, design, graphic design.

Nello stesso anno inizia, a collaborare con Boffi in qualità di art director e progettista.

Disegna le cucine Esprit (selezionata per Compasso d’Oro), Latina, Food Center e una linea di bagni. Coordina l’immagine dell’azienda e dei punti vendita.

Dal 1987 collabora per Living, Porro, Iren nella duplice veste di designer e di art director; per quest’ultima disegna Workstationsystem, un sistema per uffici.

Con il gruppo giapponese Takashimaya nel 1991 progetta piazze e monumenti per Ogasta Plaza, citta commerciale di Kobe Harbourland; per lo studio giapponese Yoshimura I’immagine coordinata.

Nel 1993 disegna per Artemide e Foscarini.

Dal 1994 per Lema e Matteograssi; per quest’ultima lo showroom di Milano, oltre alla serie Berlin (panca, divano e tavolo basso) e altri modelli.

Dal 1995 disegna per Nemo, Cappellini e Cassina, che produce il letto Atlantic e il divano Met.

Vive e lavora a Milano.

PIERO LISSONI DESIGNER

Siamo piccoli artigiani il cui obiettivo è quello di produrre cose che servono a far vivere meglio le persone”, dichiara Piero Lissoni nel corso di una intervista con Alberto Bassi.

Ho un rapporto pessimo con quel tipo di funzionalismo che alimenta tante mistificazioni nel campo del design.

Non credo più a questa finta onestà intellettuale per cui da una parte viene ricercato il nesso tra forma e funzione e dall’altra, proprio in funzione di questo, viene distorto ogni legame con la realtà.

Il nostro mestiere ci mette un pò su un palcoscenico è rischiamo di diventare presuntuosi…

Nel nostro studio si tramanda il filo conduttore sottile ma sempre connesso insegnato da Magistretti, cerchiamo un segno ridotto al minimo indispensabile, quella levità in cui Eames era il più grande, la curiosità a 360 gradi, il gusto del semplice vissuto e possibile”.

A Bassi Lissoni ribadisce il suo modo di intendere il design oggi, nei confronti del minimale assurto a stile nella più parte della produzione mobiliera.

Per Boffi, che in pratica ha introdotto questa sensibilità, in cucina, non c’è alcuna necessita di mutare indirizzo in sussiego alle mode; il problema si pone forse per altri che hanno acquisito uno stile.

Noi proseguiamo con continuità rispetto al passato e stiamo ulteriormente sviluppando da una parte l’identificazione e la differenziazione degli spazi di lavoro e contenimento, dall’altra la tecnicizzazione della zona lavoro, con l’idea di avvicinarci alla cucina dello chef, sempre più funzionale nelle superfici di lavoro, nelle possibilità di movimentazione del cibo. Come conferma, ad esempio, quanto fatto per annullare la presenza delle ante”.

E a Lidia Prandi spiega come egli intende il luogo cucina:

L’entrata in cucina dell’uomo a giocare a fare il cuoco ha fatto esplodere il concetto di ambiente edonistico e insieme tecnologico, ha effettivamente dato nuovi impulsi al progetto, la cucina deve sdrammatizzarsi, essere intercambiabile e disponibile a miscelare stili, componenti, oggetti su misura dell’utilizzatore.

Il progetto nasce da una serie di limiti e da una serie di problemi.

Io che sono un inguaribile ottimista sostengo che un buon progetto riesce a mascherare i limiti, e potrà sembrare lapalissiano, ma la chiave di volta è mostrare solo i pregi.

I compromessi vengono vissuti come boe intorno a cui il progetto gira e, se lo immaginiamo come una navigazione…più volte si cambia rotta per poter cavalcare i flutti…

Disegno mobili, imbottiti, lampade che immagino per una casa essenziale e naturale, che possono essere mischiate e accostati con altri elementi senza sconvolgerne il carattere”.

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