Il lancio dell’aspirapolvere DC01 nel 1993 ha rappresentato la realizzazione della visionarietà e della tenacia di un uomo solo contro la miopia professionale di innumerevoli esperti di marketing, investitori di capitali di rischio, banchieri, ditte produttrici, attrezzisti e dettaglianti.
Il successo che l’aspirapolvere DC01 ha subito ottenuto nel mercato inglese e in quelli esteri è dovuto semplicemente al fatto che era insuperabile nel fare ciò che si suppone un aspirapolvere debba saper fare: aspirare lo sporco, appunto.
Pur essendo due volte più costoso dei concorrenti ed essendo a malapena supportato da una campagna pubblicitaria, il DC01 ha superato ben presto i suoi rivali, diventando in meno di cinque anni e per volume di vendite il modello più diffuso nel Regno Unito.
Prima del sistema DC, ovvero Dual Cyclone, tutti gli aspirapolvere erano dotati di sacchetti o filtri che tendevano a intasarsi con fini particelle di polvere, che riducevano rapidamente la potenza dell’apparecchio.
James Dyson, ispirandosi al filtro ciclonico che aveva visto in uso in una segheria locale, prove ad adattarne i principi e a ridurlo in scala per inserirlo in un apparecchio domestico portatile.
Imperterrito nonostante lo scherno quasi universale da parte dell’industria, egli stesso si mise a perfezionare e costruire l’apparecchio.
Dopo un modello iniziale di cartoncino fissato con nastro adesivo in verticale su un vecchio aspirapolvere Hoover, dopo non meno di 5.127 prototipi e una brevissima versione Rotork (il Cyclon), la prima vera versione del nuovo aspirapolvere, chiamata G-Force fu lanciata in Giappone nel 1986.
Questa versione rosa e lavanda divenne un insolito status symbol hi-tech nel paese che aveva inventato quella nicchia di mercato.
In seguito a tale successo, Dyson continua la produzione del DC01 nel Regno Unito, utilizzando il proprio nome come marchio ed estendendo la gamma nel 1995 alla versione cilindrica DC02.
Con il suo schema vagamente costruttivista e dalle ardite soluzioni cromatiche, Dyson non fece alcuna concessione al gusto predominante che guidava la scelta dei beni di consumo durevoli.
II suo desiderio di spiccare tra i vari concorrenti esprimendo l’integrità tecnica e funzionale dell’apparecchio attraverso la sua stilizzazione trovò favore in un mercato che da decenni aspettava di vedere qualcosa di minimamente innovativo fra gli aspirapolveri in quanto a design.
Ciò ha fatto si che fosse sondato il terreno di un target d’utenza completamente nuovo, tradizionalmente non associato alle faccende domestiche ma enormemente influente in fatto di potere d’acquisto: quello degli uomini single.
Dyson e riuscito a ribaltare a suo favore la saggezza convenzionale di marketing e ad avere rapidamente un enorme mercato tra le mani.
Oltre a fargli vincere numerosi premi, l’inestinguibile determinazione del designer ha legato in modo indissolubile il suo nome a un particolare approccio innovativo, entrando nel linguaggio di tutti i giorni più o meno come era accaduto con “Hoover” quarant’anni prima, tanto che il suo aspirapolvere ha ottenuto il dovuto riconoscimento nella mostra “Doing a Dyson” allestita al Museo del Design di Londra nell’ottobre 1996.