Il Compact Disc

Nei primi an Sessanta, fu la richiesta di tecniche per replay istantanei proveniente dal settore sportivo della televisione a fare imboccare ai fabbricanti la strada della attuale tecnologia DVD.

La Philips entrò in questo mercato, nei primi anni Settanta, con il suo LaserVision Video Disc.

Nonostante gli anni dedicati allo sviluppo, i dischi LaserVision non offrivano vantaggi significativi rispetto alle videocassette di recente introduzione e non potevano essere registrati.

Nel 1978, la Sony si unì alla Philips per sviluppare un compact disc standard ed universale per le registrazioni audio, ma l’annuncio dell’avvento della rivoluzione digitale arrivò solo nel 1982 con il prototipo del compact disc (CD).

Diversamente dalle cassette audio e dal vinile, il CD non si consumava con l’uso e la qualità del suono era notevolmente più ricca della media delle altre tecniche di registrazione, in particolare quando si trattava di stili musicali dinamici come il jazz o la musica classica.

Con un diametro che non supera gli 11,5 centimetri, ogni CD è ricoperto da un fine strato metallico altamente riflettente e punteggiato da microfori di lunghezza variabile sul lato leggibile del disco.

Queste zone incise sono protette da un fine strato di acrilico e da uno strato più alto di un tipo di policarbonato particolarmente durevole.

Per il laser che legge il disco, ognuno di questi microfori ha una certa lunghezza che corrisponde ai valori predefiniti di una serie di segnali digitali che variano velocemente e sono tradotti quindi in immagini, suoni o dati.

La misura del prototipo fu stabilita considerando la capacità necessaria a contenere l’intera Nona Sinfonia di Beethoven.

La versione finale messa in commercio offriva 77 minuti di musica, molti più di un LP doppia facciata, e così, poco alla volta, il vinile e poi le musicassette compatte sono state sostituite dai CD.

I successivi sviluppi tecnologici hanno prodotto dei CD in grado di immagazzinare sempre più quantità di dati, facilmente registrabili, copiabili e privi di errori.

Questo passaggio da un mondo analogico a uno digitale ha prodotto anche una rivoluzione nella cultura visiva e nella nostra abilita di manipolare ciò che prima non poteva essere modificato e nemmeno osservato, dagli effetti speciali proiettati sugli schermi cinematografici a come è fatto internamente il corpo umano, grazie ad attrezzature mediche non invasive.

Le caratteristiche dei CD hanno permesso un fiorire dell’elettronica e dei beni di consumo che è andato ben oltre la visione che se ne aveva nei primi anni Settanta: la possibilità di immagazzinare grandi quantità di dati in un formato alquanto indistruttibile, ma abbastanza comune, ha ispirato nuovi design di prodotti.

Conseguentemente hanno acquisito nuove forme l’interattività e i metodi per l’istruzione. lnoltre, è possibile recuperare segmenti di contenuto senza scartabellare tra montagne di informazioni.

La facilità nel recupero dei dati rende possibile un’archiviazione senza rischi e la condivisione dell’informazione.

Benchè la terminologia differenzi tra CD musicali, DVD e CD-ROM, concettualmente, invece, le tre tipologie sono identiche e hanno subito pochi cambiamenti rispetto al primo compact disc.

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