“Una volta che un artista trova il proprio linguaggio è esentato dalla fatica dell’avanguardia”.
Determinato a sperimentare nuovi e indediti materiali, Piretti aveva 25 anni quando entrò da Castelli come designer.
Dal 1963 Piretti stava pensando a una sedia adatta sia agli ambienti domestici sia agli spazi pubblici, e che superasse una volta per tutte i materiali e le tecnologie del canone istituito.
Ecco perché optò per l’alluminio pressofuso, un materiale che non aveva ancora riscosso granchè interesse tra i designer di mobili.
Iniziò dunque a concentrare la propria attenzione sul procedimento di pressofuzione a pressione, che era allora usato in massima parte per la produzione di motori.
Benchè le idee pionieristiche di Piretti non si adattassero alla produzione principale di Castelli, mobili per ufficio in legno di alta qualità, il proprietrio dell’azienda Cesare Castelli lo lasciò sperimentare e gli diede libero accesso all’azienda a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Frutto di tutto ciò fu la sedia 106, con la seduta e lo schienale comncepiti come gusci di legno multistrato preformato tenuti insieme da due ganasce di alluminio pressofuso, fissate utilizzqando soltanto quattro viti.
Presentata nel 1965 al Salone del Mobile, l’anticonvenzionale sedia 106 fu un successo immediato e divenne subito l’archetipo di una famiglia tutta nuova di sedie, la serie DSC.
In pratica, la 106 partorì le linee di sedie per la collettività Axis 3000 e Axis 4000, tutte impilabili, intercollegabili, dotati di differenti tipi di bracciolo e di ripiani a ribaltina per prendere appunti, reggi-documenti, segnaposto o segnafila e perfino provviste di un loro carrello specifico per il trasporto.
Le peculiarità del design di cui Piretti diede prova nel mettere a punto il sistema spiccano per la loro intelligenza, specialmente l’estrema versatilità e la facilità con la quale le parti sono assemblate tra loro in configurazioni singole e multiple.
Oggi l’intero sistema di sedie è usato ampiamente negli uffici e negli spazi pubblici, come le sale conferenze, le aree di attesa e i teatri, vero tributo alla versatilità della serie DSC.
Si tratta di un grande risultato per il suo ambizioso creatore, determinato sin dagli anni della giovinezza a “essere un designer tout court, non un designer di mobili”.
Questa serie divenne un po’ il marchio distintivo della sintesi da lui operata tra sperimentazione tecnologica, praticità ed eleganza.