BIOGRAFIA
Gianfranco Frattini nasce nel 1926 a Padova.
Ancora studente si trasferisce a Milano, entra nello studio di Giò Ponti e, nel 1953, si Iaurea in architettura al Politecnico.
Nel 1954 apre il suo studio dedicandosi alla progettazione di interni e al design industriale. Nel 1956 è tra i soci fondatori dell’ADI.
Medaglia d’oro alla Triennale nel 1957, nel 1955, 1956, 1957, 1979, 1981, 1987, 1989, 1991 riceve segnalazioni d’onore al premio Compasso d’Oro, nel 1968 l’Oscar Plast.
Collabora con Cassina, Arteluce, Bernini, Artemide, ICF, Knoll International, Kron, Lema, Acerbis International, Lucitalia, Matteograssi.
Nel 1973 progetta per Cassina i tavoli 621 e 622. Nel 1975 la lampada Boalum, disegnata con Livio Castiglioni per Artemide, riceve la menzione d’onore al BIO di Lubiana.
Dal 1983 al 1991 è consigliere di amministrazione della Triennale di Milano. Suoi oggetti sono esposti in permanenza al MOMA di New York, al Museum of Contemporary Art di Chicago, nella collezione permanente della Triennale.
Muore a Milano nel 2004.
GIANFRANCO FRATTINI DESIGNER
“Nella mia fedeltà al razionalismo, sia come credo storico che come metodo di lavoro”, dichiara Gianfranco Frattini nel volume a lui dedicato da Pier Carlo Santini, “non ho mai rinunciato al confronto con le proposte diverse;
da quelle del design radicale degli anni sessanta/settanta al post-moderno dei nostri giorni che, pur trovandomi su posizioni diametralmente opposte, hanno costituito spunto per nuove riflessioni e per un dialogo sempre costruttivo”.
Pier Carlo Santini ben evidenzia l’inconfondibile approccio di Frattini nelle costanti del lungo arco ideativo:
“Nel solco del movimento moderno egli è un protagonista di quella continuità che non si è ancora interrotta, nonostante tutte le dissacrazioni e le trasgressioni degli ultimi anni.
Formatosi all’architettura e, incontrandosi precocemente con Gio Ponti suo docente al Politecnico, che gli dà fiducia ed entusiasmo, Frattini matura con crescente convinzione e coscienza la propria poetica e la propria mitologia progettuale, attingendo alle fonti del razionalismo sulle quali fonda una disciplina più che mutuare o riprendere termini di linguaggio.
Subito, dunque, si manifestano in lui scelte precise, incontrovertibili. Presto si forma un abito alla concretezza, immune e aliena da complicazioni intellettualistiche: provare, disegnare, sperimentare sul campo sarà poi norma irrinunciabile, da anteporre ad ogni concettualizzazione o teoria…
“La mia vita di progettista designer è nella fabbrica”, sostiene l’autore senza mezzi termini.
Sulla catena di montaggio, inversamente da quanto fa per l’architettura, vengono fissati tratti essenziali dell’oggetto.
Inutile disegnare la vite, o diffondersi in minuziosi dettagli. L’iter sarà molto lungo, con tutte le analisi, le verifiche e i controlli che ci saranno da fare.
Ma il momento più affascinante è il contatto con la produzione, con chi adotta la lavorazione a catena con chi è allo stampaggio. Qui nasce veramente il prodotto.
Ora, questo procedere che si può definire sperimentale, aperto alle continue trasformazioni e avanzamenti tecnologici, rende Frattini disponibile nei confronti di ‘generi’ nuovi, di materiali nuovi che gli interessa imparare a conoscere.
Può non saperne niente ma è sicuro che riuscirà a saperne tutto; si tratta di metalli, di marmo o di vetro soffiato.
E’ in tal senso curioso, e `si diverte’ a entrare nei centri di ricerca, nei laboratori…
Questo eclettismo gli ha consentito non solo di rispondere alle domande più diverse senza disconoscere o tradire mai le sue concezioni e convinzioni, ma anche di sconfinare in campi non prima frequentati o famigliari“.