BIOGRAFIA
Michele De Lucchi nasce nel 1951 a Ferrara.
Nel 1973 è tra gli aderenti al gruppo Cavart. Si laurea in architettura all’Università di Firenze nel 1975.
Collabora con il Centrokappa nel 1977 in occasione della mostra “II design italiano degli anni cinquanta”.
Partecipa all’esperienza di Alchimia, è uno dei fondatori del movimento Memphis.
Lavora con Ettore Sottsass jr e dal 1969 è consulente nel settore design per Olivetti. Per Memphis disegna la lampada Oceanic e il divano Lido nel 1981, nel 1983 la sedia First.
Progetta in seguito per le aziende Arflex, Bieffe, Kartell, Mandarina Duk, Poltrona Frau.
Del 1987 la lampada Tolomeo per Artemide, Compasso d’Oro nel 1988. Nel 1990 progetta il terminale automatico bancario CD6300 per Olivetti e inaugura il laboratorio sperimentale Produzione Private presso il suo studio.
Del 1991 il divano Giona per Arflex. Dal 1992 responsabile del design di tutti i prodotti Olivetti per l’ufficio. Insegna alla facoltà di architettura di Palermo e di Milano, alla Cranbrook University di Detroit.
Tra i riconoscimenti internazionali: Gute Industrieform e Deutsche Auswahl. Lavora a Milano e risiede con la famiglia sul Lago Maggiore.
MICHELE DE LUCCHI DESIGNER
“L’artigianato”, dichiara Michele De Lucchi nel volume dedicato alla sua produzione privata da Sibylle Kircherer, “è per noi architetti e designer l’unico campo dove riusciamo a sperimentare in tutta libertà…
Nel campo del design le grandi industrie e anche i grandi gruppi multinazionali non riescono più a sperimentare, cercano di creare artificialmente ragioni per una ricerca innovativa con molta fatica e pochi risultati”.
Artigiano è il suo modo di intendere il progetto, quando le grandi produzioni inevitabilmente lo ritengono mezzo; ancor più modo, secondo De Lucchi, per rifondare il rapporto design-industria.
Esemplare la vicenda di Tolomeo del 1987 per Artemide, tra le sue Macchine Minime la più conosciuta (Compasso d’Oro nel 1988) “De Lucchi aveva inventato un meccanismo”, annota Sibylle Kircherer, “e lo aveva presentato su uno schizzo ad Ernesto Gismondi e per parecchio tempo i suoi tecnici avevano cercato di farlo funzionare senza successo.
Michele lo credeva già perso quando un giorno ricevette una telefonata con la richiesta di Gismondi corri subito: la tua macchina funziona.
Era entusiasta e Michele diventava sempre più appassionato di progetti che includessero un movimento che agisse poi funzionalmente ed emozionalmente.
Un esempio di macchina minima perfetta è la forbice che con un movimento molto semplice realizza una funzione precisa”.
Nel 1998 De Lucchi si interessa, per Poltrona Frau, al progetto della dimensione operativa: Artù riuniva i suoi cavalieri attorno al tavolo, Michele De Lucchi recupera il senso della complicità che si verifica quando più persone stanno gomito a gomito e incrociano lo sguardo dei dirimpettai.
Essi hanno in comune soltanto la mensola su cui poggiano i gomiti, il territorio condiviso nella tensione creativa e decisionale.
“Negli ultimi anni”, commenta Hans Hoger, “un crescente numero di persone sta scoprendo la rinnovata importanza del luogo fisico… Il centro di questo tipo di luogo, il punto di riferimento della comunicazione e dell’incontro è il tavolo… Gli utensili digitali non hanno reso obsoleta la comunicazione faccia a faccia.
Anzi, e stata proprio la comunicazione digitale ad avere incrementato ulteriormente il bisogno di luoghi dove stare con altre persone definire strategie verificare informazioni, far nascere idee.
Ciò che domina in Artù è una sorta di ingegneria gentile, abbinata a proporzioni precise e interventi formali (la struttura su cui il piano poggia senza pesare, la linea delle gambe e dei piedi, gli elementi luminosi a fibre ottiche, le giunture tra legno e metallo a forma di zampa di camaleonte, che portano a una sorprendente e sottile qualità figurativa del progetto”.