All’Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels di Parigi del 1925 molta ammirazione suscitarono le lampade presentate dal danese Poul Henningsen.
Considerando anacronistica l’abitudine di avvitare le lampadine su lampadari ideati per le candele o di ricorrere alla seta e all’alabastro come paralumi, Henningsen aveva iniziato a interrogarsi sulle qualità originali dell’illuminazione elettrica.
Anzichè concentrarsi però sulla sorgente luminosa come molti progetti contemporanei, Henningsen lavorò sulle qualità illuminanti degli apparecchi, al fine di governare il flusso luminoso per ottenere luce allo stesso tempo riflessa e diretta, tale da non abbagliare mai lo sguardo.
Il risultato è un sistema di semplici schermi diffusori disposti a corolla attorno alla lampadina.
Lo schema è razionalissimo e rigorosamente scientifico. Eppure, nonostante le lampade ricalchino fedelmente il tracciato dei diagrammi luminotecnici, l’immagine è leggera, quasi naturale.
Henningsen stesso continuò a perfezionare le lampade, declinando il prototipo iniziale in numerose varianti, introducendo schermi alternativamente concavi e convessi, sperimentando diversi materiali, variando la colorazione dei diffusori cosi da calibrare con precisione la temperatura cromatica della luce diffusa.
Il principio di addizione di componenti semplici permise l’uso di componenti standardizzati a basso costo (alluminio o vetro stampato) e consentì a Louis Poulsen di adottare procedimenti industrializzati quando ne avviò la produzione nel 1926.
Le lampade di Henningsen furono scelte da molti architetti moderni e per progetti importanti, uno per tutti la villa Tugendhat a Brno di Mies van der Rohe, ma conquistarono anche i favori del pubblico, fino a diventare un vero classico del design scandinavo contemporaneo.
Le lampade della serie PH sono a catalogo Louis Poulsen, che comprende anche la versione da tavolo e da scrivania.
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