Un giorno di maggio del 1968 apparve sulla prima pagina del “New York Times” un titolo assolutamente profetico: “Il jogging, a suo modo, sembra stia per diventare la novità dello sport”.
Si trattava, in verità, di un’affermazione sbagliata per difetto.
Infatti, negli anni successivi il jogging o meglio il footing, come si dice ora, non era destinato a cambiare il mondo dello sport, quanto a simboleggiare l’affermarsi di un nuovo stile di vita.
Oggetto emblematico di questa pacifica rivoluzione del costume sono le scarpe da ginnastica.
Se la loro origine risale all’inizio del Novecento ed è indubbiamente legata all’attività agonistica, il loro successo planetario non è avvenuto sulle piste di atletica o sui campi da basket, bensì sulle strade delle grandi città americane.
Comode, leggere, disinvolte, le sneakers hanno saputo interpretare un modello di vita informale e alternativo, ispirato a valori di libertà e di successo.
Non è possibile fissare con esattezza il momento in cui la scarpa da ginnastica ha cessato di essere uno strumento di performance atletica per diventare il simbolo di individuali performance quotidiane.
Di sicuro l’azienda che seppe interpretare con maggior successo questo spirito di libertà fu l’americana Nike: non un’azienda storica, ma un fenomeno di marketing e di stile nato a metà degli anni sessanta.
Sarà una scarpa del 1972, il modello Moon Shoe, la prima a riscuotere un grande successo popolare: oramai, come diceva un famoso slogan della casa americana, il traguardo, non è una linea da superare per primi, ma una meta da inseguire per tutta la vita: “Nike. There is not finish line”.
I fortunati possessori di un paio di Nike Moon Shoe, saranno ben felici di sapere che vengono solitamente quotate nelle varie aste a cifre che superano il milione di dollari.