Ripensando a un gioco della propria infanzia, quando rifletteva i raggi del sole con uno specchio, la gibigiana, secondo il termine popolare lombardo, Castiglioni escogita un insolito sistema di illuminazione, per fornire luce concentrata direzionabile.
Ideale per svolgere attività che richiedono attenzione e concentrazione visiva in ambienti con illuminamento basso o assente, come leggere a letto senza disturbare un’altra persona.
La lampada da tavolo Gibigiana è formata da una carrozzeria, in lamiera di alluminio verniciata a fuoco, che definisce un corpo monolitico (diametro della base 10 cm), rastremato nella parte frontale, per renderlo facilmente spostabile con una sola mano.
All’interno, racchiusi in un involucro isolante che impedisce il riscaldamento della lamiera, trovano posto il trasformatore, il fusibile e, a metà altezza circa, la sorgente luminosa alogena da 20 watt, diretta verso l’alto.
Sul dorso è collocato l’interruttore con variatore di intensità, di materiale plastico e di forma bombata per favorire la presa di pollice e indice.
All’estremità superiore, un riflettore circolare in metallo, con superficie specchiata (orientabile, con spostamenti micrometrici, tramite un meccanismo rotante in plastica, resistente al calore) riflette, senza abbagliamenti, un concentrato fascio luminoso, proveniente della sorgente occultata.
La Gibigiana in produzione è la soluzione più semplice di un’idea illuminotecnica indagata attraverso un lungo processo: determinata la sorgente luminosa più adatta, l’oggetto si conforma in una schiera di modelli, necessari alla verifica funzionale, costruttiva e formale.
Purtroppo un altro gioiello non più in produzione: era disponibile sin dal 1980 (anno della sua progettazione) per Flos, in due altezze (41 o 52 cm).