Bead e Top, “goccia” e “trottola“, possono essere genericamente definite due semplici lampade a sospensione, ma celano una silenziosa rivoluzione nel trattamento della luce.
Per la prima volta, la luminosità ha un “peso“, è massiccia, e il vetro, trattato come un volume “tutto pieno”, si trasforma in un materiale estremamente resistente.
L’anima di Bead e Top si ispira infatti ai globuli ardenti di vetro, che, usciti dalla fornace, sono pronti per essere soffiati. Il corpo delle lampade è realizzato attraverso l’utilizzo di impianti industriali generalmente utilizzati per la produzione di manufatti ad alto contenuto tecnologico, come i componenti per i fari delle auto o gli isolanti in vetro.
II materiale, una volta fuso, viene compresso in uno stampo (cavo all’interno, per permettere in seconda battuta di ospitare la sorgente luminosa) e successivamente ricotto per ottenere un oggetto solido.
In questo processo non è contemplabile nessun intervento manuale che consenta un controllo totale sul prodotto finito, per cui le minuscole imperfezioni, come le piccole bolle d’aria che si formano all’interno del materiale durante Ia cottura, diventano il segno vivo di un processo materico che dà unicità a ogni pezzo.
Una volta inserita una G9, lampadina alogena dalle dimensioni ridotte, il componente vitreo distorce la luce e a sua volta si riempie del riverbero, concedendo una luminosità antica, debole, di lanterna.
Le Pressed Glass Light, insieme di lampade a cui Bead e Top appartengono, trovano comprensione nella più ampia collezione intitolata Utility, presentata dalla Tom Dixon Ltd nel 2009, in cui la parola chiave è l’uso di materiali semplici, ridotti ai minimi termini e dal sapore industriale, dove la progettualità risiede nella capacità di far emergere prodotti robusti, resistenti, opportuni per un momento di crisi cominciato con il nuovo millennio.