“… ne ho disegnati molti, non cercano alcun effetto… cercano la misura, soprattutto la misura che trova le relazioni con lo spazio della casa, con il senso dell’albero…“.
Cosi scrive Carlo De Carli nel 1973 a proposito del suoi mobili, ricordando una intensa stagione di progetti e di realizzazioni, ma anche di promozione di una nuova produzione mobiliera in Italia.
Nel 1954, Carlo De Carli, progetta per Cassina la sedia 683.
La sedia è caratterizzata da una struttura dinamica e dai riferimenti organici; è realizzata in massello di frassino ed è dotata di gambe affusolate di sezione esigua e da una “L”, per il sostegno del sedile e dello schienale.
Il sedile e lo schienale che sono costituiti da un sottile foglio in compensato curvato di frassino, sembrano avvolgere la struttura e a essa sono connessi con piccoli distanziatori in ottone
La sedia è stata premiata con il Compasso d’Oro nel 1954 (il primo della storia) ma anche con il Diploma d’onore alla X Triennale e con il premio Good Design at MoMA di New York.
Questa sedia smontabile, con una sorprendente sintesi fra figurazione organica e componibilità strutturate, incarna esattamente una risoluzione di quel “problema dell’arredamento” con cui, secondo Giulio Carlo Argan, l’architettura moderna recuperava congiuntamente i valori dell’individuo nella collettività e quelli della qualità estetica nella produzione quantitativa o di serie.
Fin dai suoi primi scritti, il pensiero progettuale di Carlo De Carli tende a relazionare le opere di architettura e di design a un unico disegno creativo del cosmo.
Le forme artificiali della velocità e le forme degli animali veloci, con le fibre in tensione e un lievissimo contatto con la terra, danno suggestioni profonde ai suoi mobili, come nel caso di questa sedia.
L’idea della continuità di forme pure ed essenziali, per cui ogni elemento ben definito è di per se stesso vivente, ritmato, necessario strutturalmente e in armonia con gli altri, riguarda non solo il rapporto con la natura, ma anche quello con le forme di altre epoche, cioè con la storia, senza nessun bisogno di revival storicisti.