Sinceramente non so come definirlo. E’ sicuramente un oggetto e altrettanto sicuramente è una icona del design internazionale.
Non è una sedia, non è una poltrona, non è una chaise longue ma è qualcosa che si chiama Pratone, disegnato da Giorgio Ceretti, Pietro Derossi e Riccardo Rosso (Gruppo Strum) nel 1971 e subito messo in produzione da Gufram.
Senza dubbio un’opera d’arte dallo stile pop con una spiccata dose di ironia; nella relazione tecnica del progetto viene descritto così:
“Si tratta di un oggetto per il riposo singolo e collettivo, riposo momentaneo, instabile, sempre da conquistare per l’elasticità del materiale. Partendo da due misteri contrapposti, l’erba come riferimento biologico e il materiale sintetico come presenza artificiale, questo oggetto si pone nell’ambito delle ricerche formali volte a liberare la gente da alcuni condizionamenti nel suo comportamento abituale. Propone cioè un controllo critico di certe condizioni fisiche anche senza avanzare serie alternative”.
Un progetto visionario, anticonvenzionale, insolito e dissacrante, è sufficiente guardare Pratone per capire quanti anni luce è lontano dallo stile borghese degli anni Settanta, libero dagli schemi, ironico e rivoluzionario.
Composto da lunghi steli verdi di poliuretano espanso schiumato a freddo e rivestito con una vernice lavabile brevettata dalla Gufram stessa, denominata Guflac, questa sorta di seduta è l’arredo ideale in cui sprofondare e con cui trasformare il pavimento di casa in un prato decisamente fuori scala.
Più che di seduta dovremmo parlare di una distesa di relax, e pensare che è stato concepito anche come un modulo componibile all’infinito per trasformare qualunque spazio in un’oasi verde in continua evoluzione.
In un colpo solo, ha spezzato le regole del design scatenando nel contempo una vera e propria rivoluzione culturale dell’anti-design; è così che Pratone diventa manifesto della libertà creativa: la funzionalità cede il posto all’estetica scenografica e informale.
Pratone ha sconvolto ogni canone dell’arredamento e dei comportamenti di allora, è esposto nei musei del design e gallerie d’arte in tutto il mondo e resta in vetta alla classifica delle icone del design.