Nel 1970 Ettore Sottsass Jr., all’epoca già designer di spicco a livello mondiale e prossimo a diventare il decano dell’anti-design, presenta una collezione nuova di zecca di mobili alla Eurodomus di Milano, i cosiddetti Mobili Grigi.
Sottsass ha disegnato questa collezione per Poltronova, un’azienda italiana per la quale aveva iniziato a lavorare come direttore artistico verso la fine degli anni ’50, periodo nel quale era anche diventato consulente della Olivetti, due avvenimenti che hanno impresso una direzione completamente diversa alla storia del design.
Il viaggio fatto poco prima in India e un soggiorno di un anno negli Stati Uniti dove non solo ha stretto amicizia con i maggiori rappresentanti della pop art e della beat generation, ma ha anche lavorato per un mese presso lo studio del designer George Nelson, lo hanno cambiato nel profondo, determinando il resto di una carriera che abbraccia un arco di sessantacinque anni.
Già nel 1959 aveva vinto il Compasso d’Oro, il massimo riconoscimento italiano nell’ambito del design, per aver ridisegnato la struttura del primo enorme calcolatore elettronico Olivetti, il prodotto italiano di alta tecnologia più all’avanguardia in quei tempi.
Grazie alla riduzione dell’altezza della macchina gli operatori potevano vedersi gli uni gli altri da sopra il bordo, e l’aggiunta di blocchi di controllo a codici dai colori brillanti permetteva di distinguere le varie componenti.
Con il suo guscio leggero e la sua struttura in plastica rosso vivo, “il colore della bandiera comunista, del sangue e della passione”, la macchina da scrivere portatile Valentina, creata da Sottsass e Perry King nel 1969, era più un oggetto della pop-art che un prodotto industriale, anni luce più avanti delle scialbe macchine da scrivere dell’epoca.
I colori che l’avevano aiutato a rivoluzionare l’attrezzatura da ufficio hanno svolto un ruolo di primo piano anche nei mobili da lui concepiti per Poltronova.
Nel 1966 Sottsass lancia i Superbox, i primi mobili domestici di laminato, un materiale a basso costo che fino a quel momento era stato usato solo in caffè dozzinali e altri luoghi analoghi.
I loro colori violenti “da segnale stradale e da pompa della benzina” anticipano i futuri lavori di Sottsass per i movimenti radicali anti-design degli studi Alchymia e Memphis, mandando allegramente a quel paese i decenni della dottrina modernista, razionalista e funzionalista in cui il colore e il decoro erano tabu.
I Mobili Grigi erano altrettanto innovativi per quanto riguarda la tecnica e il materiale dei mobili ammirati nella famosa mostra Italy: The New Domestic Landscape al MoMA di NewYork nel 1972 e che erano stati pressati in un unico pezzo da fibra di vetro termo-stampata.
La forma dei tavoli, delle sedie, degli armadi, degli specchi e dei letti ricordava l’architettura primitiva e indigena che aveva ispirato anche le sue numerose collezioni di ceramica, come “Menhir, Ziggurat, Stupas, Hydrants & Gas Pumps”.
Ma, come suggerisce il nome, in Mobili Grigi l’approccio al colore era diverso rispetto ai suoi altri lavori. Tutti i mobili erano di un grigio scuro che lui definiva “triste” e “non commerciale”.
“In una stanza ti chiedono di mettere il maggior numero possibile di mobili grigi (…) al punto che la normale e graziosa struttura quadrata della stanza venga quasi o del tutto coperta e distrutta” scriveva Sottsass con un impeto poetico che ci fa immediatamente capire come questo andasse ben oltre un arredamento funzionale.
“Se questo punto viene scrupolosamente raggiunto, l’abitante si sentirà soffocare da una frana grigia, lucente, in plastica di fibra di vetro; si sentirà (…) completamente isolato da tutto ciò che si trova fuori dalla stanza, come se fosse nel rosso tempio delle scimmie a Benares, nel salotto del sottomarino del capitano Nemo con tappeti e musica d’organo, nel sottomarino giallo (grigio), nella tomba reale coperta di polvere grigia, sotto le rocce rosa della Valle dei Re o, per finire, come in un viaggio silenzioso nel solido cielo blu fra Marte (il pianeta) e Orione (la stella). Un percorso che è viaggio e anche morte, come succede sempre quando ci si immerge a fondo nella realtà.”
Questo passaggio mostra come Sottsass, con l’ironia che l’ha sempre contraddistinto, abbia anche creato una tomba per il modernismo, mettendone in risalto il culto dell’artificialità e dell’assenza di colore e svelandone cosi il vero volto: la morte. Di li a poco sarebbe sorto it postmodernismo, di cui Sottsass sarebbe stato il padrino.