La lampada Boalum è sperimentale sia dal punto di vista formale sia della tecnologia.
Si tratta di una fonte di illuminazione flessibile, che può essere sistemata in varie configurazioni per dar vita a meravigliosi effetti scultorei.
E’ realizzata con un tubo di PVC traslucido a uso industriale foderato internamente da anelli di metallo e ogni sezione dispone di quattro alloggiamenti per altrettante lampadine a basso voltaggio.
Il PVC, una pellicola plastica morbida e pieghevole, era stato messo a punto già negli anni Trenta ed era in origine utilizzato per l’isolamento di cavi e fili elettrici.
Negli anni Sessanta divenne un materiate quasi onnipresente, specialmente nei mobili gonfiabili in voga in quel periodo.
Nella Boalum ciascuna sezione può essere innestata e collegata a un’altra, creando quello che la rivista Domus nel 1969 descrisse come “un serpente di luce senza fine“.
La lampada poteva essere ammonticchiata o allungata, appesa al muro o sistemata su un mobile o perfino per terra.
Si prestava inoltre a essere utilizzata da sola come pure a collegarsi ad altre, cosi da raggiungere fino a otto metri di lunghezza.
Da un certo punto di vista la lampada Boalum incarna alla perfezione la sensibilità Pop del design, che mise in discussione le tipologie convenzionali di prodotti con arguzia e ingegnosità, spalancando di fatto la strada a una nuova generazione di oggetti domestici pieni di vita e irriverenti.
Anche la sua modularità era tipica degli anni Sessanta e del dilagante sperimentalismo, e la si trovava ovunque, dai salotti agli ambienti più improbabili.
Le proprietà estensibili di questa lampada la resero un prodotto quanto mai ideale per la casa informale tipica degli anni Sessanta, nella quale non si usava più sedersi bensì sdraiarsi insieme agli amici e nella quale anche i mobili dovevano poter essere intercambiabili e adattabili alle situazioni sociali alternative.
La Boalum era il prodotto da illuminazione ideale per questi nuovi pezzi di arredo soffici, gonfiabili, impilabili, pieghevoli e addirittura fluidi che nacquero in seguito a questo mutato atteggiamento.
Livio Castiglioni era il maggiore di tre fratelli che ebbero tutti illustri e stimate carriere nel design italiano del dopoguerra.
Nei primi anni i tre lavorarono insieme, ma nel 1952 Livio si dissociò da loro, continuando a lavorare parallelamente ai suoi fratelli e progettò la lampada Boalum insieme a Gianfranco Frattini per Artemide, l’azienda di illuminazione che la produsse sin dall’inizio, dal 1970 al 1983, e la rilanciò poi con qualche modifica nel 1999.
La Boalum fa parte di numerose collezioni di musei di design, a cominciare dal Museo di Arte Moderna di Filadelfia o dal Museo del Design Italiano di Milano.
A catalogo Artemide, prezzo circa 600,00 euro.
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