Alla fine degli anni Sessanta i designer occidentali tornarono a lasciarsi affascinare dalla cultura giapponese: molti furono ispirati dai progressi tecnologici che stavano trasformando radicalmente le industrie, da quella degli orologi a quella elettronica.
Tutto ciò condusse a un interesse per la cultura giapponese, con particolare riferimento al buddismo Zen e al suo ruolo nell’eccezionale ripresa del Giappone all’indomani della seconda guerra mondiale.
Per l’avanguardia del design italiano, questo fenomeno presentò sia sfide sia ispirazione, Sergio Asti, uno dei più prolifici designer di tutta la seconda metà del XX secolo, trasformò i suoi interessi in materia di mobili, di elettronica, di illuminazione e di accessori in altrettante espressioni di un rinnovato impegno italiano per l’innovazione, la qualità e il dettaglio.
Per Asti questi interessi trovarono un’eloquente articolazione nella raffinatezza e nella semplicità della sua lampada Daruma, che fu messa in produzione da Candle nel 1968.
Secondo la leggenda, durante il quinto o il sesto secolo d.C il saggio indiano Bodhidharma, noto anche con il nome di Darum, si recò presso il Regno Medio in Cina e introdusse una forma di buddismo che, una volta diffusasi in Giappone sarebbe diventata nota come Zen.
Differenti racconti pretendono di spiegare in che modo Daruma abbia raggiunto l’illuminazione, uno di questi racconti riporta che ciò accadde al termine di anni di meditazione trascorsi in una grotta senza mai aprire o muovere gli occhi, mentre un’altra leggenda apocrifa vuole che durante gli anni trascorsi a meditare, le sue braccia e le sue gambe si fossero atrofizzate, tanto da staccarsi dal suo corpo, e ancora, si dice che in altra occasione si irritò talmente per essersi addormentato durante la meditazione da aver deciso di tagliarsi le palpebre.
Secoli dopo questa storia si tradusse nella bambola Daruma priva di braccia, gambe e palpebre, diffusa in tutto il Giappone, e Daruma divenne pertanto il simbolo di uno spirito vigile, inflessibile e determinato.
Queste tre caratteristiche sono gli ingredienti cruciali della formula giapponese per il successo. Il design della lampada Daruma si basò su una collezione di barattoli di porcellana bianca dello stesso nome che Asti aveva disegnato per il produttore giapponese Aura nel 1967.
La lampada abbina una base sferica di vetro opaco e un globo più piccolo translucido in un’unica forma simile a un occhio, che resta in equilibrio come l’omonima bambola tradizionale.
Mancando qualsiasi altro dettaglio della superficie, si tratta di una reinterpretazione delle varie storie confluite nel mito Daruma.
Senza gambe, senza braccia e senza palpebre, fornisce un’illuminazione penetrante, e simboleggia un aspetto della sensibilità postmoderna che si manifesta nell”interpretazione panculturale di un archetipo.
A catalogo FontanaArte, a seconda delle dimesnioni il perezzo varia da 200,00 a 300,00 euro.