Gino Sarfatti (nato a Venezia nel 1912 e deceduto a Gravedona nel 1985) ha all’attivo oltre 650 apparecchi luminosi, che sorprendono ancora oggi per qualità, lungimiranza progettuale, riuscita estetica e funzionale.
Fa parte assieme a tanti altri di una serie di artisti che sono stati investiti da un cono d’ombra e che invece dovrebbero essere rivalutati alla pari di altri nomi più blasonati.
Ma perché Gino Sarfatti è poco noto?
Sarfatti si ritira a vita privata sul lago nel 1973, di fatto questa data (1973) anticipa di pochi anni il grande boom del Design Italiano che si è manifestato negli anni ottanta.
Pur con le sue contraddizioni, gli anni Ottanta, sono stati il momento in cui il Design Italiano ha conosciuto fama mondiale, e ovviamente i progettisti a quel tempo attivi sono diventati i grandi maestri del Design. Lui, avendo smesso nel 1973 non è stato invaso da questa onda d’urto di notorietà, nonostante non sia assolutamente allo stesso livello dei designer degli anni Ottanta.
Un altro punto importante è dato dal fatto di aver assunto due ruoli, quello di progettista e quello di imprenditore. Anche in questo la storia, a volte, è punitiva: non sempre vengono accettate le persone che cambiano cappello. La storia ha bisogno di etichette precise e quindi seleziona in base a queste classificazioni. Gino, essendo proprietario di Arteluce (che vende a Flos nel 1973), si era in qualche modo compromesso, e così è stato letto per molto tempo.
Praticamente la stessa fine che fa un attore blasonato di Hollywood se per caso fa TV o serie TV.
La terza motivazione è l’atipicità assoluta di Sarfatti nel panorama italiano data dal fatto che non era un architetto, in un mondo in cui tutti i designer erano architetti. Non solo, era un designer sostanzialmente mono-tipologico: ha disegnato soltanto lampade. Settecento lampade, ma soltanto lampade: Sarfatti è rimasto in qualche modo legato al suo mondo luminoso, ma chiuso.
La sua filosofia: immediatamente dopo la guerra, comincia a piegare le lampade verso le persone che hanno bisogno della luce. Ovvero, in qualche modo, avvicina la luce all’uomo che deve essere illuminato.
Se la linea di una fonte luminosa era sempre stata verticale fino al secondo dopoguerra, diventa man mano obliqua e tutto ciò costituisce un simbolo molto preciso di attenzione verso una società che sta cambiando.
Ho selezionato solo alcuni dei meravigliosi progetti di Sarfatti, che vinse due compassi d’oro nel 1954 e nel 1955. La più giovane della mia selezioen ha più di 40 anni…ma non si direbbe.
Una premessa, il nome delle sue lampade derivano dal numero progressivo del progetto diviso per categoria (da terra, da soffitto, plafoniere…).
Il modello 548, lampada da tavolo pioniera nell’utilizzo del metacrilato che sviluppa il tema della diffusione della luce mediante la riflessione su un apposito schermo.
La lampada da terra 1063, costituita sostanzialmente da sottilissimo tubo di alluminio in cui trova posto una lunga sorgente trasparente slim line.
La 1095, lampada da terra ad illuminazione indiretta, che risulta particolarmente interessante dal punto di vista stilistico per la sproporzione fra la base bombata e lo stelo in alluminio lucido che termina con una piccola coppetta riflettente.
La 607, lampada da tavolo a luce diretta, costituita da due elementi assemblati per incastro meccanico: un diffusore a disco, a sezione tronco-conica, in alluminio verniciato craquelè, e una base a forma di parallelepipedo inclinato, in alluminio laccato, che conferisce stabilità all’apparecchio.
La 1055-s Vincitrice del Compasso d’Oro nel 1955 e la 1055, entrambe fuori produzione.
L’iconico lampadario edito da Flos, 2097 (immagine di copertina) a luce diffusa con struttura centrale in ferro e bracci in ottone, entrambi cromati o dorati. Attacco a soffitto e rosone di acciaio.
Il modello 2129 è una bellissima lampada a saliscendi dal design semplice e moderno, caratterizzata dalla sua particolare forma ad arco che una volta applicata al soffitto può ruotare completamente fino a 360° permettendoti così di ottenere il pieno controllo della luce, lasciando scegliere dove si preferisce orientarla.
La mitica 600 P, una lampada da tavolo (comodino) con alla base una sacca in similpelle nera che contiene pallini di piombo che fungono da base per la fonte luminosa.
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