“Non sono che un operaio. In fondo sono partito da lì e penso che tutto ciò che ho fatto nella vita, l’ho fatto molto semplicemente, senza pormi interrogativi profondi” J. Prouvè
Jean Prouvè (1901-1984) è stato uno dei più significativi designer e architetti francesi del XX secolo.
E’ stato un pioniere della prefabbricazione metallica ma fu anche (e soprattutto) il consulente e collaboratore di alcuni protagonisti indiscussi quali Le Corbusier, Marcel Lods ed Eugène Beaudoin, Charlotte Perriand, Yona Friedman e Georges Candilis.
Prouvé è stato, un homo faber, anzi letteralmente un fabbro (nel vero senso della parola) che ha trascorso la maggior parte del suo tempo in officina nella sua Nancy piuttosto che in giro per i musei o i caffè parigini.
Alcuni oggetti progettati sono il frutto di una evidente abilità naturale, manuale e disarmante come nel caso della lampada Africa del 1952 (oggi a catalogo Vitra), costituita da un lungo braccio metallico strallato che sostiene una nuda lampadina, oppure lo sgabello n. 307 in acciaio e lamiera del 1951; altri oggetti, come alcune sedie, sono entrate a far parte di una produzione effettivamente industriale e di massa.
Vitra a catalogo, oltre alla già citata lampada ha alcune sedie e probabilmente il progetto più noto di Prouvè: il Tavolo Solvay.
Negli anni 1941 e 1942, Jean Prouvè ideò e realizzò vari progetti di interior design per l’azienda chimica Solvay. Nell‘ambito di tale commessa furono progettati numerosi mobili, tra cui un tavolo in legno che esemplifica i metodi costruttivi di Prouvé, appunto il Tavolo Solvay.
I suoi dettagli strutturali illustrano l‘interazione di forze e sollecitazioni, analogamente alla successiva progettazione dell‘EM Table, che a differenza del tavolo Solvay ha le gambe metalliche e non in legno.
Fu progettato e realizzato durante la seconda guerra mondiale, in un periodo dove tra le varie carenze vi era anche quella di metalli ed è per questo che le gambe furono pertanto realizzate in legno.
Jean Prouvè nel 1971, fu presidente della giuria del concorso per il centro Pompidou a Parigi, successivamente vinto da Renzo Piano e Richard Rogers; in quell’occasione non dove non esitò ad appoggiare i giovani architetti, i quali, oltretutto, si erano rifatti ad alcune sue idee, quali per esempio quella di un edificio flessibile e pensato per piani mobili.
Credits:
Servizio fotografico immagine di copertina: Mauro Corti freelance presso Arketape Studio.
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